In Italia, il 3,6% della popolazione utilizza la bicicletta come mezzo di trasporto e più di 102 mila persone – secondo i dati della Federazione Ciclistica Italiana aggiornati al 2021 – praticano il ciclismo a livello agonistico.
Anche in ambito riabilitativo, gli attrezzi a pedale – cicloergometri, cyclette, cyclette orizzontali – sono ampiamente utilizzati nei programmi di recupero a seguito di infortuni a carico dell’arto inferiore. Sono inoltre utilizzati con altre finalità, dal ricondizionamento aerobico al recupero della mobilità e della forza muscolare.
In cosa consiste la pedalata?
Nel ciclismo, il gesto atletico è essenzialmente racchiuso nella pedalata. La potenza generata dall’arto inferiore viene trasferita all’attrezzo (ad esempio la bicicletta) permettendo all’atleta di avanzare oppure al paziente in riabilitazione di vincere la resistenza imposta. La sua efficienza sembra essere correlata sia al posizionamento sul mezzo che ad una serie di parametri umani come l’affaticamento, la cadenza, l’intensità.
Attraverso un’analisi approfondita delle caratteristiche biomeccaniche, si è riusciti a comprendere la dinamica della pedalata che si esprime essenzialmente su due piani:
- Sagittale, in cui avviene il movimento di rivoluzione della pedivella
- Frontale, che studia l’escursione compiuta dal centro del ginocchio.
Quali sono le fasi della pedalata?
Per comprendere meglio come funziona la pedalata, si può immaginare di suddividere il movimento in 4 fasi:
- Spinta o estensione dell’arto inferiore (dai 20 ai 145 gradi).
In questa fase si sviluppa il 65% della potenza, generata prevalentemente per azione dei muscoli glutei e del quadricipite. La caviglia è in posizione neutra, il pedale orizzontale. - Prima fase di transizione (dai 145 ai 215 gradi).
Sviluppo del 12% della potenza: il lavoro di estensione si trasforma in trazione. L’anca, il ginocchio e la caviglia raggiungono l’estensione massima. - Trazione (dai 215 ai 325 gradi).
Sviluppo del 17% della potenza, generata dalla flessione dell’anca e del ginocchio. La caviglia resta in flessione plantare e i muscoli più attivi sono i flessori di ginocchio. - Seconda fase di transizione (dai 325 ai 20 gradi).
Sviluppo del 6% della pedalata: il gesto è generato dai muscoli sartorio, ileo psoas, tensore della fascia lata e grande adduttore. L’anca e il ginocchio raggiungono la massima estensione, mentre il pedale torna ad essere parallelo al suolo.
Quest’ultima fase corrisponde alla conclusione della rivoluzione della pedivella, da cui può ripartire nuovamente tutto il ciclo.
Cosa si può fare per migliorare la prestazione e non incorrere in problemi da pedalata?
Studi ed esperienza insegnano che, al di là del saper utilizzare il mezzo, per ridurre il rischio di lesioni croniche e ottimizzare la performance è importante procedere alla scelta e all’adattamento della bicicletta secondo due ordini di fattori:
- scegliere la bicicletta con le caratteristiche adatte all’uso e alle dimensioni del ciclista (conformazione)
- effettuare le corrette regolazioni delle componenti pedale (tacchette), sella e manubrio (altezza e avanzamento).
Altrettanto importanti sono i movimenti, gli adattamenti e le caratteristiche antropometriche di ciascun soggetto.
Lesioni dirette e indirette: che differenza c’è?
Una parte importante della popolazione ciclistica è esposta a infortuni da utilizzo della bicicletta. Le lesioni dirette – acute o traumatiche – sono per lo più imprevedibili perché dovute da cadute accidentali.
Le lesioni indirette croniche invece, sono le più frequenti e solitamente si manifestano a causa di:
- scorretto posizionamento sul mezzo
- utilizzo eccessivo
- errori di allenamento.
Il ginocchio è l’articolazione che più facilmente è soggetta a sofferenza: quali sono le principali patologie a suo carico?
Durante la pedalata il ginocchio compie delle oscillazioni laterali, quindi bloccare la zona – come avveniva in passato – può comportare l’insorgere di problemi rotulei. Un ginocchio estremamente valgo può causare tendinopatie della zampa d’oca e tendinopatie della bandelletta ileotibiale.
Il dolore posteriore all’inserzione della testa del perone invece, può essere dovuto alla rigidità dei muscoli posteriori della coscia. Può anche manifestarsi un dolore femoro-rotuleo, influenzato dalla validità degli stabilizzatori d’anca e da un’alterazione di tono dei fasci mediali/laterali del quadricipite.
Quali sono le altre aree soggette a sofferenza?
Generalmente nel ciclismo l’anca è poco soggetta a sovraccarico, ma la presenza di un conflitto femoro-acetabolare può portare ad un aumento del dolore in zona.
Le problematiche della caviglia e del piede possono essere limitate con una buona mobilità e un’adeguata lunghezza del tendine d’Achille.
È possibile imparare a pedalare bene?
La pedalata perfetta non esiste, però un’impostazione corretta e un mezzo adatto alle proprie esigenze possono favorirla. È altrettanto importante allenarsi al meglio alternando alla tonificazione muscolare il lavoro per migliorare l’elasticità.
Con la pratica inoltre, si andranno a migliorare altri valori basilari come la cadenza, il carico e la fatica.
Cosa bisogna tenere in considerazione in ottica riabilitativa?
Innanzitutto è fondamentale un corretto posizionamento del paziente effettuando delle regolazioni “terapeutiche” con accorgimenti protettivi della posizione. In base al quadro clinico, agli obiettivi e alle caratteristiche morfologiche del paziente, si adegua il mezzo al soggetto consentendo di creare programmi idonei a breve, medio e lungo termine.