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Protesi di spalla: cos’è e in cosa consiste l’intervento?

22 Ottobre 2024

La protesi di spalla è un intervento chirurgico la cui diffusione, negli ultimi anni, è in crescita. Il numero di impianti in Italia non è ancora paragonabile alle protesiche di anca e di ginocchio, ma il miglioramento delle tecniche chirurgiche e dei materiali utilizzati, e dunque dei risultati funzionali dei pazienti sottoposti a tale intervento, ne stanno diffondendo l’utilizzo.

Come nel caso della protesi di anca e di ginocchio, la protesizzazione della spalla comporta la sostituzione o il rivestimento dei capi articolari con materiali platici e metallici, per ovviare a degenerazioni, dolore e scarsa funzionalità.

Funzione e risultati 

La protesi di spalla può difatti essere utilizzata per affrontare molteplici patologie, quali artrosi, fratture complesse, rotture irreparabili della cuffia dei rotatori. Secondo i dati della letteratura, in assenza di complicanze, i risultati sono buoni: i pazienti possono tornare a utilizzare la spalla in assenza di dolore, sollevare pesi leggeri e muovere liberamente la mano anche dietro la schiena e sopra la testa (raramente si restituisce la completa mobilità in elevazione, come del resto accade per altre chirurgie di spalla).

Protesi anatomica e inversa: qual è la differenza?

La protesi può essere di due tipologie. È il chirurgo a decidere, a seconda della problematica e delle caratteristiche personali del paziente, quale tipologia di impianto utilizzare. Essa si distingue in:

  • Anatomica: si tratta di un impianto la cui forma ricalca l’omero originale, viene utilizzata generalmente per trattare stati severi di artrosi, e necessita una certa integrità della componente tendinea.
  • Inversa: ideata per ripristinare il movimento in caso di importante lesione dei tendini della cuffia dei rotatori, che spesso porta a dolore e riduzione della capacità di movimento. Impiantando una componente omerale concava (anziché convessa, come in natura), il solo deltoide riesce a muovere l’arto nello spazio. Questa tipologia rappresenta dunque l’unica soluzione efficace per trattare alcune lesioni tendinee complesse.

Il percorso riabilitativo post intervento

Dopo l’intervento chirurgico il paziente deve osservare un periodo di immobilizzazione con tutore, a seguito del quale potrà iniziare il percorso fisioterapico. Come per altri interventi chirurgici, la fisioterapia è fondamentale per ripristinare mobilità e forza, che permettono la funzione dell’arto. Generalmente il percorso riabilitativo ha una durata tra i 2 e i 3 mesi, in cui il paziente riceverà il trattamento manuale del fisioterapista ed effettuerà esercizi in palestra e in piscina, recuperando gradualmente tutte le funzioni della vita quotidiana.

Data la natura sofisticata dell’intervento, e la diffusione ancora parziale delle conoscenze, è consigliabile rivolgersi a un team esperto nel settore sia per la chirurgia, sia per la riabilitazione post chirurgica.

A cura di Federico Sonnati.

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