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Ginnastica correttiva: intervista a Chiara Minetto, Fisioterapista Azimut

Cos'è la ginnastica correttiva, quali sono le indicazioni e come si svolge una nostra seduta? 
Ce lo racconta Chiara Minetto, Fisioterapista del team Azimut.

 

Cosa si intende per ginnastica correttiva?

 


Normalmente per ginnastica correttiva si intende il trattamento indirizzato all’età evolutiva, cioè dall’infanzia all’adolescenza, fase in cui si possono manifestare problematiche a carico della colonna vertebrale e degli arti legate all’accrescimento. 

 

Quando è indicata la ginnastica correttiva?

 

La ginnastica correttiva trova indicazione nel trattamento degli atteggiamenti posturali scorretti o delle reali modificazioni strutturali della colonna, come scoliosi, ipercifosi dorsale o iperlordosi lombare. Oppure di altri distretti corporei, come il piede piatto o il valgismo di ginocchia.

 

Come funziona l'organizzazione nel centro Azimut?

 

La nostra presa in carico passa attraverso una visita medica iniziale, in cui il nostro Fisiatra inquadra la problematica dal punto di vista medico oppure formula la cartella riabilitativa su indicazione di un medico specialistica che ha inviato il paziente da noi. Segue poi una seduta individuale in cui un nostro fisioterapista imposta il lavoro in modo personalizzato sul soggetto, per poi proseguire il lavoro in un contesto di gruppo con altri bambini o ragazzi.

 

Come si svolge una seduta di ginnastica correttiva in Azimut?

Nelle sedute i bambini/ragazzi lavorano sulla propria correzione posturale con questi obiettivi: la presa di coscienza del corpo, la mobilizzazione e il rinforzo muscolare di esso. Chiaramente a questo si affiancano proposte di lavoro indirizzate in modo specifico alla loro problematica strutturale e adeguate all’età del soggetto.

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Protesi di spalla: cos’è e in cosa consiste l'intervento?

La protesi di spalla è un intervento chirurgico la cui diffusione, negli ultimi anni, è in crescita. Il numero di impianti in Italia non è ancora paragonabile alle protesiche di anca e di ginocchio, ma il miglioramento delle tecniche chirurgiche e dei materiali utilizzati, e dunque dei risultati funzionali dei pazienti sottoposti a tale intervento, ne stanno diffondendo l’utilizzo.

Come nel caso della protesi di anca e di ginocchio, la protesizzazione della spalla comporta la sostituzione o il rivestimento dei capi articolari con materiali platici e metallici, per ovviare a degenerazioni, dolore e scarsa funzionalità.

Funzione e risultati 

La protesi di spalla può difatti essere utilizzata per affrontare molteplici patologie, quali artrosi, fratture complesse, rotture irreparabili della cuffia dei rotatori. Secondo i dati della letteratura, in assenza di complicanze, i risultati sono buoni: i pazienti possono tornare a utilizzare la spalla in assenza di dolore, sollevare pesi leggeri e muovere liberamente la mano anche dietro la schiena e sopra la testa (raramente si restituisce la completa mobilità in elevazione, come del resto accade per altre chirurgie di spalla).

Protesi anatomica e inversa: qual è la differenza?

La protesi può essere di due tipologie. È il chirurgo a decidere, a seconda della problematica e delle caratteristiche personali del paziente, quale tipologia di impianto utilizzare. Essa si distingue in:

  • Anatomica: si tratta di un impianto la cui forma ricalca l’omero originale, viene utilizzata generalmente per trattare stati severi di artrosi, e necessita una certa integrità della componente tendinea.
  • Inversa: ideata per ripristinare il movimento in caso di importante lesione dei tendini della cuffia dei rotatori, che spesso porta a dolore e riduzione della capacità di movimento. Impiantando una componente omerale concava (anziché convessa, come in natura), il solo deltoide riesce a muovere l’arto nello spazio. Questa tipologia rappresenta dunque l’unica soluzione efficace per trattare alcune lesioni tendinee complesse.

Il percorso riabilitativo post intervento

Dopo l’intervento chirurgico il paziente deve osservare un periodo di immobilizzazione con tutore, a seguito del quale potrà iniziare il percorso fisioterapico. Come per altri interventi chirurgici, la fisioterapia è fondamentale per ripristinare mobilità e forza, che permettono la funzione dell’arto. Generalmente il percorso riabilitativo ha una durata tra i 2 e i 3 mesi, in cui il paziente riceverà il trattamento manuale del fisioterapista ed effettuerà esercizi in palestra e in piscina, recuperando gradualmente tutte le funzioni della vita quotidiana.

Data la natura sofisticata dell’intervento, e la diffusione ancora parziale delle conoscenze, è consigliabile rivolgersi a un team esperto nel settore sia per la chirurgia, sia per la riabilitazione post chirurgica.

 

A cura di Federico Sonnati.

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Il team Azimut al corso di aggiornamento “Introduzione alla scoliosi: approcci EBM e casi clinici con esperti del settore”

Nel mese di giugno 2024, i nostri specialisti Lucrezia Ravagnan e Ranieri Bonetti hanno partecipato al corso organizzato da AIMO - Accademia Italiana Medicina Osteopatica con titolo "Introduzione alla scoliosi: approcci EBM e casi clinici con esperti del settore”, un aggiornamento di grande rilevanza per chi opera nel campo della riabilitazione.

Introduzione alla scoliosi con esperti del settore 

Il corso è stato guidato dalla dottoressa Sabrina Donzelli, Medico Specialista in Medicina Fisica e Riabilitazione e attualmente Direttore della ricerca presso il National Scoliosis Center (NSC) di Washington USA; e dal dottor Salvatore Atanasio, specializzato in Ortopedia e Traumatologia e autore di oltre trenta pubblicazioni scientifiche.

L'incontro con queste due figure di spicco ha rappresentato un approfondimento all'argomento, offrendo un quadro completo della patologia e delle sue molteplici sfaccettature.

La complessità della patologia

La scoliosi è una deformità del rachide che si sviluppa nei tre piani dello spazio. Si presenta durante la crescita ma anche nella vita adulta e a seconda dell’età di insorgenza, la valutazione dei rischi e la gestione terapeutica interdisciplinare variano. 

Lucrezia Ravagnan, chinesiologa Azimut che ha partecipato al corso di aggiornamento, commenta così: “Si tratta di una patologia complessa che richiede un importante approfondimento in tutti i suoi aspetti: dalle misure diagnostiche per la valutazione del paziente scoliotico in tutte le età, alle linee guida per il trattamento conservativo, alle classificazioni sempre tante e diverse, fino alla scelta del corsetto, se e quando necessario”.

Il corso, strutturato in lezioni frontali seguite da casi clinici interattivi, ha fornito una visione di insieme delle valutazioni cliniche e diagnostiche diversificate tra i diversi professionisti coinvolti.

Lucrezia aggiunge ancora: “È di estrema importanza riconoscere quali sono i fattori comuni tra i diversi studiosi coinvolti nell'affrontare la patologia: perché si cura una scoliosi, quali sono gli obiettivi terapeutici e quali quelli pratici. Un approccio in questa direzione è capace di formare una rete di differenti professionalità che sostengono e accompagnano il paziente in tutto il suo percorso riabilitativo”. 

L'importanza della collaborazione interdisciplinare

La partecipazione al corso di aggiornamento ha arricchito il bagaglio di conoscenze del team di Azimut Riabilitazione, confermando ancora una volta l'importanza di un approccio interdisciplinare e aggiornato. 

Lucrezia conclude dicendo: “Questo incontro condiviso con il collega Ranieri, osteopata da molti anni, ha confermato il valore della collaborazione e del continuo confronto professionale, soprattutto su patologie come la scoliosi che purtroppo difficilmente hanno certezze sulla loro evoluzione”. 

Grazie a incontri come questo, possiamo continuare a garantire ai nostri pazienti trattamenti all'avanguardia e un supporto completo nel percorso riabilitativo personalizzato di tutte le persone che decidono di affidarsi a noi. 


In foto: Silvia, Ranieri Bonetti, Sabrina Donzelli, Salvatore Atanasio, Marco Giardino (Direttore AIMO), Lucrezia Ravagnan

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FisioCoaching®: corso "Basi di PNL" per due fisioterapisti Azimut

Il 20 e 21 aprile 2024 Chiara Minetto e Moreno Brustia, fisioterapisti Azimut, hanno partecipato al corso “Basi di PNL” del docente e collega Giuliano Mari di FisioCoaching®.

Il corso si è tenuto a Torino presso il Presidio Sanitario San Camillo; al termine delle due giornate di formazione anche i nostri fisioterapisti si sono detti soddisfatti delle nozioni apprese. Ce lo raccontano proprio in questa doppia intervista. 

Moreno, cos’è la PNL e perché può essere importante integrarla nella terapia riabilitativa?

Grazie a questo corso abbiamo appreso le nozioni principali su cui si basa la programmazione neurolinguistica (anche conosciuta come PNL). 

La PNL nasce negli anni ’70 in California da Richard Bandler e John Grinder e si basa sull’idea (su cui negli anni successivi sono stati fatti diversi studi a livello scientifico) che vi sia una correlazione tra processi neurologici, linguaggio e schemi comportamentali che vengono appresi con l’esperienza personale.

Il nuovo approccio della medicina è basato non più solo sulla valutazione strutturale e pragmatica della patologia, ma piuttosto su un approccio bio-psicosociale che prenda in considerazione, oltre alla problematica del paziente, anche le sue aspettative, le sue credenze, i suoi obiettivi e le sue necessità a 360°. Questo implica che la formazione dei professionisti sanitari non possa limitarsi solamente allo studio delle più classiche materie mediche. Il professionista sanitario moderno necessita infatti di saper approcciare nel modo corretto i pazienti e capire al meglio il problema e il peso che questo ha sulla funzionalità e nella sua sfera più personale.

Chiara, cosa avete appreso da questo approccio e come pensi che possa cambiare il tuo modo di rapportarti al paziente?

Questo corso ci ha sicuramente dato le skills per poter migliorare la nostra comunicazione con il paziente. Così possiamo gestire al meglio non solo la patologia per cui chiede il nostro supporto, ma anche entrare in sintonia con lui e gestire lo stato psico-fisico per ottenere il miglior risultato possibile. Saper motivare il paziente per rendere il percorso riabilitativo migliore sotto tutti i punti di vista è alla base di questo approccio. 

Fin da quando Azimut è nato, oltre trent’anni fa, il focus è sempre stato sul paziente: non ci occupiamo solo della patologia in sé, ma vogliamo prendere in carico il paziente a 360° per guidarlo verso una guarigione migliore, completa e soprattutto duratura nel tempo. 

La PNL ci aiuta in questa mission e ci fornisce nuovi strumenti da poter utilizzare e condividere per aumentare la qualità del nostro servizio e per mettere, ancora una volta, il paziente al centro.

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Resoconto sul meeting annuale di SIAGASCOT: intervista al fisioterapista Federico Sonnati

Dal 21 al 23 marzo 2024, Bari ha ospitato il terzo meeting annuale di SIAGASCOT - Società Italiana di Artroscopia - Ginocchio - Arto superiore - Sport - Cartilagine - Tecnologie Ortopediche. In rappresentanza di Azimut Riabilitazione, il nostro fisioterapista Federico Sonnati ha partecipato come relatore portando all’attenzione nuove evidenze sul trattamento della sindrome femoro-rotulea. In questa intervista ci racconta la sua esperienza. 

Ciao Federico, che cos’è il congresso SIAGASCOT?

Il meeting annuale SIAGASCOT è un congresso che si svolge in più giorni, con più interventi contemporaneamente, in una città italiana sempre diversa. Intervengono diverse figure professionali legate alla fisioterapia - ortopedici, fisiatri, fisioterapisti - che relazionano le proprie ricerche, gli studi e l’esperienza professionale acquisita giorno per giorno sui più svariati argomenti ortopedici e riabilitativi. 
In quest’ultima edizione barese, il filo conduttore degli eventi era “il futuro del nostro passato”: si è cercato di ripercorrere esperienze, successi, fallimenti e in generale l’ampio bagaglio di conoscenze del passato, considerandoli un punto fermo per le conoscenze future. 

Chi partecipa a questi eventi?

L’evento è di spiccata rilevanza per il panorama nazionale e da la parola ad alcune delle più autorevoli figure italiane dell’ortopedia. L’ingresso e la partecipazione agli interventi è riservato al personale sanitario: solitamente sono quindi presenti medici e tecnici di tutti i settori legati al mondo dell’ortopedia, della ricerca e della riabilitazione. 
All’evento erano presenti discenti non appartenenti alla società, i soci e i soci membri dei comitati.  Io ho avuto il piacere di relazionare in qualità di membro del Comitato Riabilitazione della Società, che si occupa di rappresentare il mondo della fisioterapia durante queste occasioni.

Quali argomenti sono stati trattati?

SIAGASCOT ha la fortuna di avere al suo interno professionisti di diversi ambiti e di farne un suo punto di forza. Il congresso è riuscito a coprire le prospettive ortopediche future di tutti i segmenti corporei.
I trend rilevanti, emersi dalle tre giornate di contenuti, indicano un futuro dove emergeranno in maniera più rilevante: 

  • la protesica di anca, ginocchio, spalla, gomito e caviglia
  • nuove tecnologie per la guarigione dei tessuti
  • una maggiore centralità della figura del fisioterapista nel percorso di guarigione.

Sull’ultimo punto sono estremamente contento che si sia raggiunto questo traguardo ed è stato un piacere rappresentare Azimut in tale contesto.

Su quale tema verteva la tua relazione?

In una sessione congiunta con fisiatra e ortopedico, ho illustrato l’importanza dell’educazione e dell’esercizio terapeutico per il trattamento della sindrome femoro-rotulea, una patologia da sovraccarico molto comune tra i runner e altrettanto presente in altri sport dinamici come la pallavolo. 
Una volta proposta la corretta diagnosi del medico, ad esempio la visita fisiatrica, la cura principale è proprio il percorso riabilitativo con il fisioterapista, che guida il paziente attraverso una gestione ottimale degli allenamenti e l’introduzione di modifiche specifiche e personalizzate con l’obiettivo di tornare quanto prima allo svolgimento delle attività desiderate. 

 

Ringraziamo Federico Sonnati, in Azimut Riabilitazione da molti anni, per aver condiviso la sua esperienza con noi, dimostrando ancora una volta che la formazione costante è uno dei punti di forza del Centro su cui vogliamo continuare a puntare.

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Run Analysis, un caso studio raccontato da Moreno Brustia

L’utilizzo della Run Analysis come strumento di valutazione della biomeccanica della corsa viene proposto non solo ai runner professionisti, ma anche agli amatori che vogliono prendere coscienza della propria tecnica di corsa, migliorare le performance e valutare consigli specifici per ridurre il rischio di infortuni che molto spesso possono incorrere.

Abbiamo quindi chiesto a Moreno Brustia - fisioterapista e maggior esperto di Run Analysis in Azimut Riabilitazione - di raccontarci un caso studio. Tra i numerosi atleti che hanno già svolto l’analisi biomeccanica della corsa nel nostro Centro, Moreno ci parla dell’analisi di Lorenzo e delle evidenze riscontrate nel suo specifico caso.

L’identikit di Lorenzo

Negli ultimi mesi - racconta Moreno - ho avuto la possibilità di supportare numerosi runner professionisti e non, tra cui Lorenzo, un amante della corsa su strada che ha deciso di effettuare questa analisi per migliorare la sua qualità di allenamento e prendere coscienza della propria meccanica della corsa, con l’obiettivo di ridurre al minimo la probabilità di infortuni.

A primo impatto, Lorenzo si è definito come “una persona che ama allenarsi da solo e senza cuffie per sentire l’affanno e le sensazioni, per concentrarsi o anche per provare a distrarsi. Insomma, considera la corsa una forma mentale di allenamento”.

Scegliere l’analisi della corsa e il test per il calcolo della VAM per affrontare delle problematiche emerse nel corso del tempo

Lorenzo mi ha detto che, ormai da tempo, sente che la gamba sinistra non è come la destra: non riesce a “spingere” come vorrebbe, quindi pensa sia importante approfondire e cercare di risolvere questo problema. 

Come si svolge l’esame

Dopo un breve riscaldamento, Lorenzo sale sul tapis roulant e inizia a correre come fa di solito, mentre l’innovativo sistema OPTOGAIT lo analizza al millesimo di secondo. Approfitta di questo momento per raccontarmi della sua passione per la corsa, delle gare che ha da tempo abbandonato e della voglia di rimettersi in pista.
Neanche ce ne accorgiamo e il test è già concluso. Analizziamo quindi i video insieme, parliamo dei risultati e dei parametri emersi: in effetti, la gamba sinistra “fatica” di più rispetto alla destra, ma non è nulla di grave. 

La seconda parte dell’analisi biomeccanica della corsa

Dopo i primi consigli e correzioni sulla cadenza, passiamo al test VAMEVAL per il calcolo della velocità aerobica massima. Lorenzo quindi inizia a correre con velocità incrementale fino ad essere (quasi) esausto. Al termine del test e delle evidenze riscontrate, stilo una tabella tempo/distanza che serve per allenarsi in maniera più smart ed efficace.
Adesso l’analisi biomeccanica della corsa è ufficialmente finita!

Il feedback di Lorenzo

Alla fine del test, entusiasta del risultato e dei consigli ricevuti, Lorenzo ha deciso di prenotare una visita sportiva agonistica e di tornare a gareggiare come in passato: lo ha fatto per sé stesso, per tornare a divertirsi, ma anche per sentire l’affanno, come gli piace dire. 
Nei giorni successivi al test, dopo aver ricevuto la tabella VAM che Moreno gli ha condiviso, Lorenzo ha mandato un ottimo feedback

La tabella è utilissima e perfettamente tarata sui miei tempi attuali; proprio un paio di settimane fa avevo fatto una serie di 4x2.350m circa, con 500m di recupero. Le 3 ripetizioni iniziali le ho corse esattamente al 95-96% della VAM calcolata con te, mentre l'ultima equivale al 99-100% (ed era esattamente la sensazione che avevo mentre correvo, di andare al massimo delle possibilità per simulare un finale di gara).
[…]
Il grafico cardiaco di sabato è spettacolare: solo in un test del genere si può apprezzare una progressione dei battiti così lineare. Mi sono fermato a 179 bpm, credo di aver raggiunto davvero il massimo.
[…]
Sto abusando della tua disponibilità, ci tenevo però a dirti che se il tuo lavoro vivesse di recensioni avresti una media di 5 stelle, perché sai fare bene ciò che fai, spieghi le questioni tecniche in modo molto chiaro e metti a tuo agio le persone durante il test; ero un po' teso per il tapis roulant, ma alla fine me l'hai fatto digerire molto bene. Grazie di cuore per tutto e… alla prossima!

Moreno ci tiene ad aggiungere che…

…Come sempre sono io a ringraziare chi decide ci mettersi in gioco e desidera correre bene per stare meglio. La competizione sana, lo sport che unisce, la voglia di migliorarsi e di prendere coscienza del proprio corpo sono i principi che condividiamo con tutti i nostri pazienti. Aspettiamo quindi tanti altri runner che condividono con noi questi principi e sono curiosi di saperne di più.

Grazie Lorenzo per averci scelto, ci vediamo alla prossima!

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Doppia intervista a Chiara Minetto e Moreno Brustia sul corso di formazione dedicato alle neuroscienze del dolore

I fisioterapisti Chiara Minetto e Moreno Brustia, a marzo 2024, hanno partecipato ad un corso incentrato sulle Neuroscienze, applicate in particolar modo al campo del dolore cronico. Il corso “Tradurre le neuroscienze in pratica clinica: valutazione e gestione della persona con dolore persistente” è stato tenuto dal collega Andrea Polli: fisioterapista, terapista manuale OMT, ricercatore con dottorato presso l’Università di Vrije di Bruxelles. 

In questa doppia intervista ci raccontano qualcosa di più sul corso di formazione e sulle evidenze apprese. 

Ciao Chiara, ciao Moreno, grazie per il vostro tempo. Intanto, ci potete dire qual era il tema principale?

Chiara - Durante il corso abbiamo avuto modo di applicare le ultime evidenze scientifiche per gestione del dolore cronico nella pratica clinica, implementare la valutazione biopsicosociale nei pazienti con dolore cronico ed elaborare programmi di terapia efficaci per ridurre il dolore in questi soggetti.

Che cosa sono le neuroscienze e come si applicano in campo riabilitativo? 

Moreno - Le neuroscienze si occupano di studiare il sistema nervoso umano, il suo funzionamento e le sue caratteristiche.

In ambito riabilitativo si è sviluppata la cosiddetta PNE (Pain Neuroscience Education), ovvero un metodo di trattamento la cui componente principale è quella di educare il paziente affetto da dolore cronico in modo da far comprendere la neurofisiologia del dolore, riconcettualizzare il dolore stesso e modificare le credenze del paziente rispetto alla correlazione erronea che comunemente viene fatta tra dolore e danno.

È infatti sempre più importante concepire il dolore non come storicamente veniva fatto, ovvero secondo il modello biomedico in cui al dolore doveva necessariamente corrispondere un danno. Il dolore è molto più complesso, può essere definito come “un’esperienza emozionale e sensoriale spiacevole associata a un danno tissutale acuto o potenziale, o descritto in tali termini”, come riportato dall’Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP - International Association for the Study of Pain).

Limitarsi dunque all’associazione danno-dolore è erroneo. Da qui nasce la necessità di gestire i pazienti affetti da dolore cronico in modo diverso, secondo una più complessa e solida base scientifica e un più strutturato programma riabilitativo.

Come funziona e in cosa consiste la PNE, la Pain Neuroscience Education?

Chiara - Dopo una corretta diagnosi medica, un’approfondita raccolta anamnestica e un accurato esame clinico, la somministrazione della PNE avviene principalmente in forma individuale o di gruppo. Ci si avvale solitamente di colloqui orali, opuscoli informativi, monitoraggi programmati.

I professionisti predispongono dei programmi di esercizi da svolgere a casa e, con sedute programmate, monitorano i progressi e in modo particolare l’apprendimento dei nuovi concetti appresi durante il colloquio orale.

Dopo questo corso di formazione, cosa vi sentite di aggiungere in merito al vostro percorso di crescita professionale?

Chiara - Il corso ci ha dato molti nuovi strumenti per la gestione dei pazienti affetti da dolore persistente che spesso ci troviamo a trattare. Pazienti che sono già andati incontro a numerosi fallimenti terapeutici e che spesso non sanno a chi affidarsi e come agire per poter risolvere il grave problema che li affligge. 

Moreno - Concordo su tutto. Ci teniamo a ringraziare il docente Andrea Polli per la capacità di trasmetterci queste importanti conoscenze e insegnarci nuovi e innovativi metodi per una migliore pratica clinica

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Migliorare l’allenamento e il ritorno allo sport con Kinesis® One, il macchinario di Technogym

Kinesis® One è un attrezzo isotonico dotato di un sistema di cavi che permette traiettorie di movimento completamente libere, con la possibilità di praticare un allenamento funzionale e personalizzabile che coinvolge tutte le catene cinetiche del corpo. 

Come funziona

Con Kinesis® One il focus è sulla qualità del movimento, invece che sulla quantità. 
Il paziente diventa il centro dell’esercizio e su di esso si personalizza ogni sequenza, tenendo in considerazione necessità, caratteristiche e obiettivi da raggiungere.

Proprio grazie alla libertà di movimento, si pone l’attenzione su come vengono eseguiti gli esercizi proposti e sui gesti motori praticati. In questo modo, grazie ad un sovraccarico sempre presente, si può intervenire sulla qualità del movimento con l’obiettivo di renderlo più fluido e redditizio per il proprio benessere generale.

L’importanza del core

Una delle basi dell’allenamento funzionale è la core stability (o stabilità del core), che ha l’obiettivo di rendere efficiente e performante il centro di forza del nostro corpo. Un core forte e stabile permette al corpo di sviluppare la massima forza in tutti gli altri distretti muscolari, oltre che ad eseguire i gesti quotidiani e sportivi nel modo più efficiente possibile. 
Con Kinesis® One è possibile ottenere un allenamento sul core ad altissimo livello, in quanto permette l’attivazione in maniera costante durante tutti i movimenti e gli esercizi sviluppati a corpo libero. Questo principio è ulteriormente enfatizzato quando si utilizzano anche superfici e accessori instabili, come fitball e tavolette propriocettive.  

Perché lo abbiamo scelto

Tra i nostri obiettivi c’è la costante attenzione verso il paziente, che prevede anche la possibilità di seguire un programma riabilitativo personalizzato sulle proprie necessità, siano esse sportive o riabilitative. Con questa tecnologia le applicazioni specifiche sono molteplici e, sotto la guida dei professionisti di Azimut Riabilitazione, l’allenamento è attentamente commisurato alle esigenze e capacità funzionali del soggetto.

Photo credits: www.technogym.com 

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Osteopatia pediatrica: quando può essere utile per il tuo bambino

L’osteopatia pediatrica è una branca dell’osteopatia che si occupa di trattare i bambini sin dai primi giorni di vita, sia per prevenire o risolvere disturbi sia per accompagnarli durante lo sviluppo motorio e posturale.

Osteopatia e bambini: l’approccio 

L’osteopatia pediatrica - specialmente quella neonatale -  fa uso di tecniche delicate, studiate appositamente per il corpo dei piccoli pazienti, che agiscono sul sistema muscolo-scheletrico e viscerale aiutando il bambino a lavorare nella sua migliore condizione.
Questo approccio coinvolge la manipolazione sia per la diagnosi che per il trattamento di problemi biomeccanici che riguardano tutti le parti del corpo. A questo si combina una conoscenza dettagliata dell’anatomia umana, della fisiologia e dei processi patologici, ma anche una profonda conoscenza dei metodi clinici classici e tradizionali. Il fine dell'osteopata è quello di utilizzare queste conoscenze per trattare manualmente i pazienti, anche bambini, promuovendo i meccanismi di auto-guarigione insiti nel corpo.

Il supporto dell’osteopata pediatrico ai neonati

Anche un neonato può aver bisogno di risolvere alcuni disturbi: infatti durante la permanenza nell’addome della madre e durante il parto, il bebè potrebbe riportare piccoli traumi.

L’osteopata pediatrico può essere di supporto in problematiche frequenti, ad esempio:

  • plagiocefalia posizionale, una deformazione del cranio di varia entità
  • torcicollo miogeno, una condizione che porta il bimbo a tenere il capo ruotato verso un lato e dimostra difficoltà a girarlo dall’altro
  • problemi di suzione, in particolare se la mamma riferisce difficoltà di allattamento, ragadi al seno o altre condizioni similari
  • coliche gassose, anche conosciute come coliche infantili, si manifestano nelle prime settimane di vita e comportano un forte stress per il neonato
  • reflusso gasteoesofageo, caratterizzato dalla risalita del latte dallo stomaco e conseguente rigurgito
  • disturbi del sonno.

Il trattamento osteopatico può essere d’aiuto anche nelle problematiche otorinolaringoiatriche - quali sinusiti, otiti, congestione delle vie aeree superiori - favorendo il drenaggio e riequilibrando lo stato dei tessuti interessati.

L’osteopatia in tutte le fasi dell’infanzia

Nei primi anni di vita e in età scolare, il supporto dell’osteopata pediatrico è molto efficace in caso di discinesie posturali, disfunzioni posturali legate all’appoggio del piede, problemi di occlusione dentale e disfunzioni della sfera oculare. Non solo, può anche aiutare il recupero a seguito di un trauma motorio legato ad attività ricreative e sportive che, se non trattate tempestivamente, possono alterare o condizionare il fisiologico processo di crescita.
Lavorando in sinergia con altri professionisti - ad esempio l’ortopedico pediatrico, l’ortodonzista e il logopedista, solo per citarne alcuni - l’osteopata può influire positivamente sulla condizione generale di salute del bambino.

Quando rivolgersi all’osteopata

L’osteopatia pediatrica può essere considerata una terapia preventiva molto efficace. Una valutazione generale fin dai primi giorni di vita è consigliabile per gestire al meglio lo sviluppo psico-motorio durante la crescita.

Cosa aspettarsi da una seduta osteopatica?

In Azimut quando l'osteopata incontra il vostro bambino per la prima volta ha già un quadro completo della situazione grazie alla valutazione effettuata dal fisiatra nel Progetto Riabilitativo.
A questo punto inizierà il vero e proprio trattamento osteopatico che chiaramente è personalizzato sull'individuo in risposta alle problematiche evidenziate.

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