06/02/2020

Distrofia muscolare di Duchenne: l’importanza della diagnosi precoce e dell’idrokinesiterapia

La distrofia muscolare di Duchenne è una malattia genetica e degenerativa che interessa i muscoli. La mancanza di distrofina, una proteina fondamentale per la contrazione muscolare, porta a una progressiva ipotrofia e ipostenia causando il progressivo aumento della debolezza muscolare.
Fra le varie distrofie, quella di Duchenne è la forma più comune e più grave, con incidenza di 1/3500 maschi (le femmine sono portatrici sane o lievemente sintomatiche).

Come si effettua la diagnosi?

La diagnosi avviene nei primi anni di vita grazie alla visita medica supportata da esami del sangue, biopsia muscolare ed esame genetico. Durante la visita fisiatrica, il medico valuta:

  • la forza dei muscoli
  • il movimento articolare verificando che non vi siano limitazioni
  • la funzionalità utilizzando apposite scale di valutazione. Queste scale permettono inoltre di monitorare nel tempo la progressione della malattia documentandola. 

Come si manifesta la malattia?

L’esordio avviene nei primi anni di vita del bambino; il primo segnale è l’acquisizione del cammino in ritardo caratterizzato da frequenti cadute e fatica nel rialzarsi da terra. La malattia ha rapida progressione e attorno ai 6 anni possono comparire ipotrofia e retrazioni muscolo-tendinee, causando un progressivo aumento delle difficoltà a camminare e a salire le scale.

La debolezza muscolare, che interessa inizialmente i muscoli del cingolo pelvico, costringe il bambino a camminare con la caratteristica andatura anserina (dondolante) e con uno schema patologico caratteristico (iperlordosi lombare, anche flesse, ginocchia estese). Il cammino autonomo mediamente viene perso attorno ai 10 anni ed è necessario ricorrere alla carrozzina.

Con l’avanzamento della malattia viene interessata anche la muscolatura di cingolo scapolare, arti e muscoli del tronco, fino ad arrivare ad avere difficoltà tali da dover trascorrere la maggior parte del tempo a letto (ai 20 anni circa).
Spesso la morte sopraggiunge per problemi cardio-respiratori.

Come si può intervenire e quali sono i trattamenti indicati?

La precocità della diagnosi permette di iniziare la fisioterapia il prima possibile aiutando il bambino a superare le difficoltà che incontra e accompagnandolo nell’acquisizione delle capacità motorie. Permette inoltre, di conservare le capacità acquisite, il cammino e la stazione eretta il più a lungo possibile man mano che la malattia progredisce.

Il fisioterapista utilizza la mobilizzazione passiva per mantenere la corretta funzione articolare e gli esercizi attivi che comprendono esercizi aerobici, rinforzo dei muscoli deficitari e attività funzionali (alzarsi da seduto, fare le scale, muoversi a letto…).

È importante monitorare l’avanzamento della malattia evitando la comparsa di retrazioni tendinee. Quando ciò non è più sufficiente è indicata la chirurgia ortopedica per correggere le limitazioni articolari prima che portino alla perdita del cammino. Al fine di mantenere il cammino, possono essere ricercati dei compensi e possono essere utilizzati anche tutori o ausili (deambulatore o tripode).

L’idrokinesiterapia, ovvero l’esecuzione di esercizi terapeutici in acqua, è indicata ed è consigliata iniziarla fin da subito: in acqua il paziente riesce a muoversi con più facilità svolgendo esercizi che a secco non riuscirebbe a fare.