La tendinopatia del tendine d’Achille è uno degli infortuni più frequenti che si manifesta negli sportivi, ma che può interessare anche le persone sedentarie. Come si intuisce dal nome colpisce il tendine d’Achille, un tendine grosso e robusto che ha la funzione di collegare i muscoli del polpaccio (gastrocnemio e soleo) con il calcagno, l’osso posteriore del piede.
È opportuno fare una precisazione nella scelta dei termini utilizzati per inquadrare correttamente la condizione clinica.
Il suffisso -ite indica una patologia che ha caratteristiche infiammatorie e che si manifesta con gonfiore nella zona del tendine, calore e lieve arrossamento. A livello terapeutico va trattata con una terapia conservativa in due fasi: prima togliere l’infiammazione e poi riportare il tendine al corretto funzionamento.
Con tendinopatia (che può essere anche della zampa d’oca, per esempio) si indica un dolore tendineo persistente, scatenato dal sovraccarico funzionale, e la conseguente perdita di funzione del muscolo di cui il tendine fa parte.
Questa definizione pone quindi l’attenzione sul dolore percepito e sulla difficoltà nell’eseguire il movimento, senza necessariamente implicare la presenza di un preciso processo patologico (come infiammazione o degenerazione).
Questa condizione clinica viene riconosciuta anche grazie a segnali ricorrenti:
A seguito di una visita fisiatrica utile per effettuare la diagnosi, viene anche definito il progetto riabilitativo personalizzato mirato a raggiungere obiettivi graduali:
Nella prima fase, che prevede la graduale esposizione del tendine allo stimolo meccanico, è molto importante gestire l’irritazione tramite il controllo dei carichi di lavoro, l’educazione del paziente e - se necessario - la terapia farmacologica.
In caso di rottura del tendine d'Achille, invece, la riabilitazione prevede un percorso specifico per garantire la completa guarigione e il ritorno allo sport. Ne parliamo con Federico Sonnati qui.